Ottobre 2023. Conflitto Israelo-Palestinese
I primi segnali sugli indici del petrolio e del gas naturale.
L’attacco è iniziato con il lancio di missili a lunga gittata verso Israele, seguito dall’infiltrazione di combattenti palestinesi in territorio israeliano attraverso brecce nella barriera di contenimento che delimita la Striscia di Gaza.
Israele ha risposto bombardando la Striscia di Gaza e preparando un attacco di terra.
Nonostante i tentativi di mediazione in corso, sembra inevitabile una guerra totale tra Israele e Gaza, che potrebbe portare a ulteriori sofferenze per la popolazione e non risolvere le questioni di fondo.
Alcuni osservatori sostengono che l’origine dell’attacco debba farsi risalire al 2020 quando, sotto l’egida statunitense, sono stati siglati gli Accordi di Abramo tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein in un percorso di normalizzazione dell’area; normalizzazione che avrebbe presto coinvolto l’Arabia Saudita.
L’attuale conflitto tra Hamas e Israele nel Medio Oriente mette sotto pressione l’Arabia Saudita e gli altri stati del Golfo, minacciando la normalizzazione delle relazioni con Israele e la stabilità regionale. Sebbene gli Accordi di Abramo non siano ancora compromessi, la manovra palestinese ha messo in difficoltà la leadership sionista che si esporrebbe alla riprovazione della opinione pubblica mondiale in caso di una prova di forza a Gaza.
Arabia Saudita
L’Arabia Saudita è in una posizione delicata a causa di questo conflitto. I rapporto con Israele è una parte importante della strategia del principe ereditario Mohammed bin Salman e rappresenta un cardine per il regno in molti aspetti, compresi i rapporti con gli Stati Uniti. La guerra danneggia anche gli interessi economici dell’Arabia Saudita, che sta cercando di attirare investimenti stranieri per il suo piano di trasformazione economica post-petrolio. Inoltre, l’implicazione dell’Iran nel supporto a Hamas potrebbe minacciare ulteriormente la distensione tra l’Arabia Saudita e l’Iran.
Questo conflitto è visto come il redde rationem per il Medio Oriente e mette alla prova la leadership del principe ereditario saudita. L’Arabia Saudita deve bilanciare il tradizionale sostegno alla causa palestinese con i suoi obiettivi e interessi attuali, inclusa la lotta contro l’estremismo islamico e la difesa dei confini nazionali. L’abbandono degli Accordi di Abramo da parte dell’Arabia Saudita è ancora un’ipotesi remota, ma il conflitto ha reso questo obiettivo più difficile da raggiungere.
I mercati
L’esplosione del conflitto tra Israele e Gaza ha avuto un effetto immediato sui mercati petroliferi mondiali: ieri il Brent ha aperto con un balzo del +6%, da 84 a 89 dollari, prima di ritracciare. Oggi però, malgrado l’aggravarsi della situazione (con Israele che sottopone Gaza a un blocco di terra e a pesanti bombardamenti), l’effetto sui prezzi appare molto contenuto. Basti considerare che un probabile sabotaggio del “Baltic Connector”, gasdotto che congiunge Estonia e Finlandia, ha fatto aumentare il prezzo del gas in Europa di quasi il 30% negli ultimi due giorni. Il confronto tra le due reazioni dei mercati dà una misura di quanto poco questi credano nella possibilità che il conflitto israelo-palestinese si estenda su scala regionale, trascinando nella mischia anche grandi produttori di petrolio come i paesi del Golfo. Almeno per ora.
Qatar
Un altro tema di preoccupazione è la posizione del Qatar, ex membro OPEC, grande produttore di petrolio e tra i leader mondiali nell’estrazione e liquefazione di gas naturale.
Dai dati del 2022, il Qatar soddisfa il 12% del fabbisogno italiano di gas naturale.
Nonostante l’aspetto glamour, Doha non è solo la città che ha ospitato i mondiali di calcio del 2022, ma che è tutt’ora la sede offshore dei comandanti di Hamas, come Ismail Haniyen.
I rapporti tra il Qatar e l’Autorità Palestinese, guidata dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e Fatah, sono stati altalenanti. Mentre il Qatar ha cercato di mediare tra Fatah e Hamas per promuovere la riconciliazione palestinese, le tensioni sono sorte a causa del sostegno del Qatar a Hamas. Tuttavia, il Qatar ha anche fornito assistenza finanziaria all’Autorità Palestinese per sostenere le sue iniziative e le esigenze quotidiane della popolazione palestinese.
Anche i rapporti con gli Stati limitrofi sono particolarmente complessi: la crisi più significativa è stata nel 2017 quando Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto hanno annunciato un embargo contro il Qatar, accusando il paese di sostenere il terrorismo e di destabilizzare la regione. Questi paesi hanno tagliato i legami diplomatici, economici e di trasporto con il Qatar, causando una crisi diplomatica senza precedenti nella regione. Le accuse erano in gran parte legate al sostegno del Qatar a organizzazioni come i Fratelli Musulmani e l’Al Jazeera, una rete televisiva con sede in Qatar al Qatar nel giugno 2017.
Dopo l’embargo, ci sono stati sforzi da parte di mediatori internazionali, tra cui il Kuwait e gli Stati Uniti, per risolvere la crisi. Tuttavia, la situazione è rimasta invariata per diversi anni, con il Qatar che ha resistito alle richieste dei paesi vicini di cambiare la sua politica estera
Nel gennaio 2021, i paesi dell’embargo hanno annunciato una ripresa delle relazioni diplomatiche con il Qatar e la riapertura dei confini terrestri, delle rotte aeree e delle rotte marittime. Questo segna un certo miglioramento nei rapporti politici tra il Qatar e i suoi vicini, anche se alcune questioni rimangono irrisolte.
Nonostante la riconciliazione, i rapporti tra il Qatar e i suoi vicini rimangono complessi. Ci sono ancora divergenze politiche, in particolare sulla politica regionale, e le tensioni rimangono latenti. Il Qatar continua a perseguire una politica estera indipendente e a mantenere rapporti con una serie di attori regionali, inclusi l’Iran e i gruppi islamisti, che continuano a causare preoccupazione tra i suoi vicini.
Scenari Futuri
Non si può dunque escludere uno scenario di rischio poco entusiasmante per l’Italia e l’Europa a causa della situazione geopolitica dei grandi fornitori di energia per l’inverno.
Per quanto riguarda il gas naturale, il petrolio e l’uranio:
- conflitto russo-ucraino del quale non intravediamo una fine prossima;
- sabotaggi su gasdotti del Mare Nord che stanno complicando le forniture dalle ricche riserve dei paesi del Mare del Nord;
- posizione sdrucciolevole del Qatar in rapporto alla crisi Israelo-palestinese;
- traballante posizione del presidente algerino Tebboune, che si avvicina alle elezioni (2024) in un clima di opposizione anti-francese sempre crescente.
- perdita degli importanti appalti in Niger da parte della francese Orano (ex Areva) che rappresentavano il 25% delle importazioni europee di uranio (la Francia ricava il 70% della sua energia elettrica dalle centrali atomiche);
- estensione del conflitto ad altri paesi arabi produttori di petrolio, membri dell’OPEC.
Gli andamenti dei due indici (gas naturale a sinistra e petrolio Brent a destra) mostrano una tendenza alla stabilizzazione con un VaR in discesa.
I grafici frutto della nostra elaborazione successiva ai fatti di Gaza, più precisamente al 13 Ottobre, presentano un andamento differente. In entrambi i casi il rischio supera l’andamento della media mobile con crescita significativa, specialmente per quanto riguarda il petrolio.
fonti: ISPI, OSMED, Sole24Ore, DB&B Consulting srl