Come influiranno i prezzi più alti del petrolio sull’economia
....e saranno sostenibili nell'attuale congiuntura mondiale?
Queste sono alcune delle domande che gli operatori si stanno ora ponendo, mentre cercano di posizionare i loro portafogli per il resto del 2023 e oltre.
Dopo essere restati al di sotto dei 80 dollari al barile per la maggior parte dell’anno, i future sul greggio WTI (CL1:COM) hanno superato quel livello durante l’estate e sono saliti fino a 88 dollari al barile (il Brent ha superato i 90 dollari) dopo che Arabia Saudita e Russia hanno annunciato di estendere i loro tagli volontari alla produzione fino alla fine dell’anno.
Rischio inflazionistico.
Molti pensavano che i leader dell’OPEC+ avrebbero prolungato i loro tagli fino a ottobre, l’estensione di tre mesi è stata una sorpresa.
Anche le azioni hanno subito alcune perdite immediate, per i timori che i prezzi più alti portino a più inflazione e un prolungato irrigidimento monetario.
I più recenti tagli dei sauditi (1 milione di barili al giorno) e dei russi (300.000 barili al giorno) si aggiungono al taglio di aprile concordato da diversi produttori dell’OPEC+ (1,66 milioni di barili al giorno) che si estende fino alla fine del 2024, mentre sia Russia sia Arabia Saudita hanno dichiarato di poter considerare ulteriori tagli in base alle condizioni di mercato.
A seguito dell’annuncio, il Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha dichiarato che il presidente Biden sta “facendo tutto il possibile con le sue risorse per ottenere prezzi più bassi per i consumatori alla pompa del carburante”.
Il prezzo medio nazionale statunitense di un gallone di benzina normale si attesta ora a 3,81 dollari, secondo i dati dell’associazione degli automobilisti (AAA), segnando il livello stagionale più alto dal 2012.
I costi energetici più elevati potrebbero anche compromettere le speranze e le previsioni di un “atterraggio morbido”, che hanno riacquistato slancio dopo una recente serie di dati economici confortanti (vedi sotto).
Cosa osservare.
L’energia più cara potrebbe limitare la crescita in tutto il mondo, soprattutto in Cina, di cui abbiamo parlato in questo articolo, la cui economia è sotto pressione a causa del rimbalzo altalenante dalla pandemia, dei problemi immobiliari e del debito del settore privato.
I prezzi del petrolio potrebbero salire ben al di sopra dei tre cifre l’anno prossimo se Russia e Arabia Saudita non revocano i loro aggressivi tagli alla produzione, ha avvertito Goldman Sachs ai suoi clienti.
La banca di Wall Street aveva già tenuto conto della possibilità di prezzi elevati del petrolio molto prima che Russia e Arabia Saudita annunciassero questa settimana di estendere i tagli alla produzione fino alla fine del 2023. Questo annuncio ha fatto salire il prezzo del petrolio Brent sopra i 91 dollari al barile per la prima volta in 10 mesi. Il petrolio Brent è il punto di riferimento mondiale ed è prodotto nel Mare del Nord (nel grafico che segue, andamento del future sul BRENT prodotto da DB&B Consulting).
I sauditi e i russi dovranno fare attenzione a questo aspetto e cercare una sorta di equilibrio, perché se le cose si aggravassero per la Cina e i prezzi del petrolio rimanessero alti, i loro recenti tagli potrebbero avere un effetto recessivo e ridurre la domanda di materia prima.
Curiosamente, il G7, insieme all’UE e all’Australia, sembrano anche aver rinviato le revisioni del loro schema di tetto ai prezzi del petrolio russo a 60 dollari, nonostante il greggio Urals sia stato scambiato a una media di 74 dollari al barile ad agosto.
Purtroppo queste considerazioni confermano che la dipendenza dell’economia mondiale dai combustibili fossili rimane un fattore critico e gli scenari congiunturali sulla crescita futura sono ancora molto legati al loro prezzo.
Nel grafico possiamo apprezzare l’andamento del VaR dul Future sul BRENT, calcolato da DB&B Consulting.
Notiamo un primo picco nel febbraio 2020 in corrispondenza dello scoppio della guerra Russo-Ucraina.
Un secondo picco a novembre 2021 sulla scia dell’aumento della domanda post pandemia e delle tensioni nelle quotazioni di gas e carbone che si estendono anche al greggio.
Un terzo picco nel marzo del 2022 riconducibile a più fattori:
- incremento della domanda petrolifera, in seguito alla ripresa economica;
- controllo della produzione da parte dell’OPEC+;
- tensione geopolitica con il perdurare del conflitto russo-ucraino e il blocco del transito del petrolio attraverso Druzbha (l’oleodotto dell’Amicizia).